Tre gran bei posti di Milano che non avete mai visto.
Avete presente quegli angoli di Milano in cui non capita mai di passare?
Uno di questi è l’area tra via De Amicis, corso Genova e Corso di Porta Ticinese. Ed è un peccato non conoscerla, perché le cose belle e interessanti qui proprio non mancano. Ve ne suggeriamo tre: ciascuna può essere visitata in circa un’ora. Insieme fanno una passeggiata di una mattinata o di un pomeriggio d’autunno.
L’Anfiteatro Romano e la Conca di Varenna
Se avete ragazzi che stanno studiando la storia dell’Impero Romano a scuola, se siete degli appassionati di archeologia o se siete dei fan di Russel Crowe (quello che al suo segnale scatenava l’inferno) non perdetevi il parco dell’Anfiteatro Romano e l’Antiquarium dedicato ad Alda Levi, una bravissima archeologa che lavorò dal 1915 al 1939 alla tutela del patrimonio archeologico di Milano e della Lombardia, fino a che perse il suo lavoro a causa delle leggi razziali.
Dell’Anfiteatro restano pochi resti, ma sufficienti per capire quanto fosse grande e importante la Milano romana, città che fu anche per oltre un secolo (dal 286 al 402 dopo Cristo) capitale dell’Impero Romano d’Occidente.
L’Antiquarium è piccolo ma molto interessante, perché espone alcuni pezzi che spiegano bene la funzione dell’Anfiteatro: ad esempio la lapide del gladiatore Urbico e la ricostruzione fedele delle armi e della corazza usata nei giochi tra gladiatori che si tenevano regolarmente nell’Anfiteatro di Mediolanum.
Attenzione però: Anfiteatro e Antiquarium si possono visitare solo dalle 9,30 alle 14, e sono chiusi la domenica! Si entra da via De Amicis, 17.
Se da via De Amicis percorrete la bella e verdissima via Conca del Naviglio arrivate appunto alla Conca di Viarenna. La conca era una chiusa che serviva a risolvere il problema del dislivello tra due aree percorse da un canale, in modo da renderlo navigabile. La Conca di Viarenna serviva a collegare la Darsena con la Cerchia dei Navigli (quella che oggi si vorrebbe riaprire). Ci passavano le chiatte cariche di marmo per la fabbrica del Duomo, durata per quasi 500 anni. Accanto alla Conca di Viarenna la lapide che vedrete è quella che riporta l’editto in cui si esentavano dalle imposte le chiatte che portavano materiale AD U(sum) FA(bricae). Da cui la bella espressione milanese AD UFO (senza pagare), che mi sembra stia però cadendo in disuso.
La Basilica di Sant’Eustorgio e la Cappella Portinari
Bisogna assolutamente entrare almeno una volta nella Basilica di Sant’Eustorgio, nell’omonima piazza in corso di Porta Ticinese. E’ una bella chiesa e al suo interno troverete la Cappella Portinari, un gioiello del Rinascimento italiano. La fece costruire nel 1462 come propria cappella funebre il banchiere Pigello Portinari, procuratore del Banco dei Medici a Milano. Il Banco dei Medici prestava agli Sforza, signori di Milano, i soldi necessari per governare la città e finanziare gli eserciti, composti da mercenari. Quindi Pigello aveva un potere notevole, per alcuni aspetti superiore a quello del Duca di Milano. Insomma, un Enrico Cuccia del ‘400.
La cappella contiene un magnifico ciclo di affreschi di Vincenzo Foppa in parte dedicati alla vita di San Pietro da Verona, discussa figura di santo medioevale: Pietro da Verona fu un inquisitore impegnato nella sanguinosa repressione dell’eresia catara (pare che lui stesso venisse da una famiglia di catari…). Fu assassinato nella “foresta di Seveso” mentre andava a piedi da Como a Milano, e i viene infatti rappresentato con un’ascia conficcata in testa.
E in mezzo alla Cappella sta proprio l’imponente Arca di San Pietro Martire scolpita da Giovanni di Balduccio nel 1339, capolavoro della scultura gotica a Milano.
Il Museo Diocesano
L’antico convento di Sant’Eustorgio è stato restaurato pochi anni fa per ospitare le collezioni d’arte della Diocesi di Milano, una delle più grandi del mondo cattolico (copre buona parte della Lombardia).
Il Museo ha un allestimento molto moderno, e ospita collezioni interessanti e ben illustrate. La mia preferita, che da sola giustifica sicuramente la visita del Museo è la collezione dei “fondi oro” di pittura toscana del ‘300 e del ‘400 donata dall’avvocato Alberto Crespi, per decenni professore alla Cattolica e consulente giuridico di Enrico Cuccia e Mediobanca. Se Alberto Crespi fosse vissuto nel ‘400, avrebbe sicuramente aiutato Pigello Portinari nelle complesse relazioni con Francesco Sforza, grande condottiero ma pessimo pagatore.
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